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Le Città e la disinformazione

Posted on 17 Aprile 20247 Agosto 2024 by NuoveNarrazioni

Come supportare policy makers locali nel gestire le crisi di comunicazione generate dalla diffusione di notizie false? Il German Marshall Fund e l’Università di Melbourne hanno recentemente costituito un gruppo di lavoro composto da policy makers, esperti, ricercatori e attivisti per la scrittura di un manuale a supporto delle città nel constrastare la disinformazione. Credo che sia un obiettivo fondamentale per restituire credibilità alle istituzioni più vicine alla cittadinanza e per rendere la società più resiliente di fronte a un fenomeno in crescita e preoccupante. In questo breve articolo – apparso originariamente su Substack il 17 aprile 2024 – provo a spiegare come mai e a lanciare qualche riflessione sulla direzione da prendere.

“Sarà stato un incidente evitabile [con migliori norme di sicurezza] oppure un atto intenzionale dovuto alle politiche di integrazione lavorativa?” Appena poche ore dopo il crollo del Ponte Francis Scott Key a Baltimora, sui social media hanno iniziato a circolare teorie (come questa) che attribuivano l’incidente all’inesperienza degli operai coinvolti, assunti (sempre secondo queste teorie) dalle amministrazioni democratiche solo perché appartenenti a minoranze etniche [attraverso le cosiddette DEI – politiche di Diversity, Equity and Inclusion] e non per le loro capacità (che, sempre secondo le teorie, non avevano).

La notizia era ovviamente falsa, ma rientra in una strategia ben riconoscibile nella diffusione di fake news: costruire intorno a un evento di attualità una narrazione che individui dei colpevoli chiari (solitamente le comunità marginalizzate: donne, migranti, lgbt+, eccetera) e dei complici (i veri bersagli: i politici “di sinistra” e/o le associazioni della società civile) che hanno distrutto oppure minacciano di distruggere il vecchio, “sano” ordine delle cose.

In politica, disinformazione – cioè la diffusione deliberata di notizie che si sanno essere false – e misinformazione – cioè la diffusione inconsapevole di notizie false ma che vengono ritenute vere – non sono certo fenomeni nuovi. I social network, tuttavia, hanno radicalmente modificato le regole del gioco: basti pensare che fino a cinquanta anni fa sarebbe stato impensabile per l’Unione Sovietica acquistare un canale televisivo statunitense – mentre è perfettamente normale (almeno fino ad ora) che Russia e Cina abbiano account ufficiali (e un certo, imprecisato numero di bot e account ufficiosi) sui social network, cioè i principali canali di informazione del pubblico americano.

Nei Paesi occidentali il dibattito su come affrontare la sfida è aperto: alcuni si schierano a favore dei un maggior controllo delle piattaforme social e altri puntano sulla libertà di espressione; nel frattempo, diverse istituzioni nazionali o internazionali hanno costruito delle task force per contrastare il fenomeno (una su tutte, la task force dell’Unione europea contro la propaganda russa relativa alla guerra in Ucraina).

Mentre il dibattito sulla regolamentazione coinvolge principalmente attori statali o sovranazionali, il target delle fake news si è silenziosamente spostato su bersagli più deboli e vicini alla cittadinanza: le amministrazioni locali. Baltimora è solo l’ultimo caso in una lunga fila di notizie false che riguardavano città (qualche anno fa il famoso sito di estrema destra Breitbart diffuse la notizia di un incendio a una chiesa a Dortmund, in Germania, appiccato da immigrati musulmani – non era vero nulla), e non è un caso: le amministrazioni locali hanno molte meno risorse da investire nel debunking di fake news o nella promozione di narrazioni alternative e non possiedono gli strumenti legali di cui invece dispongono gli Stati per regolamentare l’accesso alle informazioni o alle piattaforma di social network; a livello locale, inoltre, l’elettorato tende a essere più fluido e quindi una campagna mirata può avere effetti più consistenti.

Spesso le fake news sono indirizzate a creare coalizioni su temi all’apparenza molto distanti fra loro; come mi ha confidato recentemente un amministratore locale inglese, “le politiche ambientali che abbiamo introdotto per ridurre l’uso delle auto ha causato grandi proteste che si sono collegate ad altre posizioni reazionarie – antivacciniste, anti-trans, anti-”woke” – che non sembrano direttamente connesse”. Talvolta l’obiettivo è quello di allargare le fratture interne alla società: nel caso di Baltimora, l’autore del post voleva ridefinire il “noi” (che lavoriamo e avremmo tutti i diritti di lavorare) contrapposto a un “loro” (che ottengono il lavoro solo in virtù della loro identità e con l’appoggio di politici venduti o compiacenti).

Il risultato è un generalizzato aumento del livello di polarizzazione, violenza e risentimento nei confronti di amministratori e amministratrici locali: secondo la National League of Cities negli Stati Uniti, nel 2021 l’81% dei politici intervistati segnalava di aver ricevuto molestie, minacce o addirittura atti di violenza. D’altra parte, e la gestione dell’emergenza Covid l’ha reso evidente, le amministrazioni locali sono il primo argine di supporto alle comunità durante le crisi: indebolire la loro autorevolezza e destabilizzare la loro relazione con le comunità di riferimento è un enorme rischio per la tenuta stessa della società. L’esponente di una realtà olandese con cui mi sono confrontato di recente l’ha espressa così: “ogni attacco a una comunità, come quella LGBT+, è un attacco a tutti noi. Non solo da un punto di vista dei diritti umani universali, ma anche perché è indirizzata a dividere la società, delegittimare le istituzioni e quindi minare le fondamenta della democrazia”. La quale, con tutti i suoi difetti, continua a essere decisamente migliore delle alternative che vedo in giro.

Come supportare amministratrici e amministratori locali nell’affrontare questa sfida?

Da parte mia, ritengo fondamentale puntare su tre assi di intervento. Innanzitutto servono formazione, educazione e sensibilizzazione al tema per i e le dipendenti e, in generale, per la società civile; nella società di domani (ma anche in quella di oggi), l’educazione alla comunicazione è una parte imprescindibile dell’educazione alla cittadinanza. In secondo luogo, occorre puntare a costruire una relazione più stabile e di fiducia fra le amministrazione locali, le organizzazioni della società civile e i segmenti più vulnerabili della società. Terzo e fondamentale punto per assicurare il benessere delle persone, è necessario creare e rafforzare le reti di supporto reciproco fra amministrazioni locali, per non lasciare i policy makers da soli nel gestire le crisi generate dalla disinformazione, e i loro effetti di polarizzazione e violenza.

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