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Come rispondere all’odio online?

Posted on 5 Febbraio 20247 Agosto 2024 by NuoveNarrazioni

Un nuovo progetto del Consiglio d’Europa e dell’Unione europea mira a costruire contro-narrazioni ai discorsi d’odio. Articolo pubblicato su Substack il 5 febbraio 2024.

La scorsa settimana ho partecipato a un Training of Trainers – una formazione per formatori – dedicata allo sviluppo di narrazioni contro i discorsi d’odio organizzata dal Consiglio d’Europa. È stato molto bello – e quasi commovente – tornare dopo quasi sette anni al Centro giovanile europeo di Strasburgo, incontrare vecchi e nuovi compagni e sentirsi accolti e parte di una grande famiglia di attiviste e attivisti. Ma, soprattutto, è stato bello riprendere il filo del lavoro su narrazioni e contro-narrazioni, dopo aver fatto parte del team che ha redatto il manuale WE CAN nel 2016 [We CAN, manuale del Consiglio d’Europa].

Le narrazioni [secondo il manuale We CAN, una narrazione è “un resoconto e un’interpretazione logica e internamente coerente di eventi e personaggi collegati fra loro [che] collega avvenimenti singoli ad altri più generali e collettivi”] mi hanno sempre affascinato per la loro intrinseca potenza e per la loro capacità di dare un senso a quello che ci succede e a quello che facciamo: secondo Gilpin Faust, esse “impongono uno scopo e un significato a esperienze che spesso sembrano casuali e discontinue” [citato da Atwan R. (2005), Convergences: Themes, Texts and Images of Composition, Bedford/St. Martin, New York]; mentre secondo lo storico Harari, gli esseri umani sono in grado di collaborare per raggiungere un obiettivo comune grazie alla creazione e alla diffusione di narrazioni “che collegano la coscienza soggettiva di molti individui” [21 lezioni per il XXI secolo – Harari, Yuval Noah]. E nonostante le narrazioni siano da sempre alla base della costruzione di identità e comunità, oggi sembrano più rilevanti che mai.

Potrebbe essere un problema di prospettiva storica (ogni società crede che quello che le accade sia unico e speciale), eppure i social network e l’intelligenza artificiale sembra aver davvero cambiare il modo in cui gli esseri umani percepiscono il mondo e, quindi, quello che ne faranno. Secondo Walter Lippman, uno dei decani della branca delle scienze sociali che si occupa di indagare l’opinione pubblica, “il modo in cui il mondo è immaginato determina ciò che le persone faranno” [Five Questions about Framing, Frameworks Institute]. Di fatto, i partiti politici e i e le policy makers si muovono all’interno di un possibile plasmato nel nostro immaginario proprio dalle narrazioni: studiarle – cosa sono, come si trasmettono, come e chi riesce a influenzarle – è ormai indispensabile. L’alternativa è lasciare il dibattito pubblico in mano ad altri.

Come agire, quindi? Il progetto congiunto che il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea hanno appena lanciato con il Training di Strasburgo si concentrerà su tre filoni di lavoro:

  • costruire spazi di condivisione di pratiche e conoscenze fra attivisti e attiviste che lavorano sul tema;
  • costruire strumenti per la valutazione delle metodologie di lavoro sulle narrazioni – in una parola, cosa funziona e cosa no;
  • riorganizzare un movimento intorno ad eventi specifici, come la giornata internazionale contro l’odio online (18 giugno).

E un percorso di lunga durata in cui credo, di cui sono felice di far parte e a cui voglio aggiungere qualcosa.

Intanto, serve formare attivisti e attiviste. Nella società di oggi e ancora di più in quella di domani, l’educazione alla comunicazione è educazione alla cittadinanza. Vorrei quindi costruire e sistematizzare percorsi di educazione non formale rivolti a giovani e operatori/operatrici giovanili per aumentare la capacità di questi gruppi di interpretare e depotenziare le narrazioni illiberali od oppressive e per rafforzare le competenze in ambito di comunicazione e creazione di contenuti nei soggetti interessati a farlo.

Un secondo contributo è questo canale substack, dove condividerò – in modo più o meno regolare – delle riflessioni sul tema. Prenderò spunto da progetti a cui partecipo o di cui sento parlare, da casi di utilizzo di narrazioni in politica (e sospetto che le elezioni europee e statunitense di quest’anno ci offriranno parecchio materiale), da interviste con attivisti e attiviste che mi capiterà di incontrare.

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